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giovedì 15 aprile 2010

Torno sul problema del Patto di stabilità, stimolato dalla manifestazione di protesta, di giovedì 8 aprile, guidata dal sindaco leghista Attilio Fontana di Varese. In proposito, osservo che anche l’attuale presidente della Provincia Galli, ogni volta che è messo a confronto con le contraddizioni del bilancio provinciale, grida contro Roma ladrona – peraltro controllata da esponenti della Lega- che sottrarrebbe soldi alla Lombardia per darli ad altri.
Il bilancio della Provincia, come ricordavo nel precedente mio intervento, mette assieme : deficit correnti e debiti in aumento. Questo mix fa a pugni con il preteso rispetto del patto di stabilità. Il vero problema è che neppure la vituperata Roma sembra disporre delle risorse finanziarie che pure avrebbe diritto ad incassare. Giorni fa sono stati pubblicati gli ultimi dati elaborati delle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti italiani. Il 90% dei contribuenti ha denunciato una base imponibile sotto i 15.000 euro. Del restante 10% almeno l’80% è costituito da lavoratori dipendenti. Non dimentichiamo, infine, che circa il 25% degli italiani dichiara addirittura di non avere materia imponibile. Dunque il nostro o è un paese di poveri diavoli del terzo mondo oppure tiri ognuno la conclusione. Forse siamo, per qualche ragione, dei diversi. The Economist, autorevole rivista di destra inglese, ragionando sulla necessità che l’Inghilterra ha di uscire, con misure straordinarie, dal disastro finanziario mondiale, per il quale ha qualche responsabilità, riferisce che: “ Britain has always paid its debts; investors don’t yet doubt the ability of a British government to get a fiscal grip after the election; and Britons tend to pay their taxes. “ Qui sta la differenza: gli Inglesi “tendono a pagare le loro tasse”. È su questa considerazione che dovrebbe soffermarsi la Lega Nord.
Il problema del Patto di Stabilità consiste, in gran parte, nel fatto che tanta parte della cittadinanza, del Sud come del Nord, si sottrae al dovere di pagare le proprie tasse. Di conseguenza nei bilanci pubblici ci sono entrate insufficienti a coprire i costi. Questo, naturalmente, non vuol dire negare diffuse pratiche di pessima amministrazione. Fontana, allora, farebbe meglio a protestare contro l’evasione che c’è e guidare manifestazioni per chiedere al governo, su cui ha influenza sicura, di esigere il rispetto del dovere fiscale. Quanto ai nostri del centrosinistra, si associno pure alla proteste leghiste contro le rigidità del Patto di Stabilità, ma dedichino un pò del loro tempo anche a ragionare sulle storture dell’attuale sistema impositivo.

2 commenti:

  1. Le fette della torta sono proporzionate alle dimensioni della stessa: torta piccola, fette piccole. Una fetta piccola non sfama come una fetta grande. Fuor di metafora: basso gettito, casse centrali vuote, trasferimenti bloccati. La periferia reagisce secondo due scuole di pensiero: ci sono quelli che contraggono debiti per non tagliare la spesa, ci sono quelli che tagliano la spesa per non contrarre debiti. I primi mettono un cappio al collo delle generazioni future, i secondi si incamminano spontaneamente verso il patibolo. In entrambi i casi c'è comunque qualcuno che rimane scontento. Nobile il gesto di chi sacrifica se stesso per salvare i propri figli. Il collasso della spesa pubblica associato all'insufficienza dei servizi pubblici potrebbe produrre, su scala nazionale, quanto è visibile in Lombardia nella Sanità: la privatizzazione dell'erogazione dei servizi pubblici (acqua docet). Mi vengono in mente due domande; primo: non sarebbe il caso di correre a regolamentare e definire meglio il c.d. privato sociale, prima che il cavallo scappi dalla stalla perdendo l'occasione di mettergli le briglie? Secondo: la strada della devoluzione politica ed istituzionale è già stata stoppata una volta, ma non è che la vera devoluzione in atto è quella che trasferisce il centro degli interessi economico - sociali dalle istituzioni pubbliche a quelle private? Come si governa e come si controlla questa forma carsica di devoluzione senza degradare in vecchi antagonismi pubblico - privato? Infine, per fare numero perfetto: l'evasione fiscale è un comportamento incivile, da Paese barbaro; dall'altro lato gli Enti per potere programmare le spese devono conoscere con ragionevole certezza di quante risorse possono disporre. Mi chiedo: quali certezze è in grado di dare la lotta all'evasione fiscale in termini di garanzie di gettito, sulla base del quale fare previsioni di spessa?

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  2. "Solo riducendo l'evasione sarà possibile mantenere le promesse più volte ripetute, di abbattere le aliquote su tutti i contribuenti." E' la frase conclusiva di un articolo, dal titolo "Accertare la ricchezza fa bene al fisco", pubblicato mercoledì 14 sul Sole 24 Ore, a firma di Provasoli e Tabellini, non certo sospettabili, il giornale e gli autori, di simpatie marxiste.
    E' una conclusione allineata all'intervento di Mario, che condivido.
    Se anche la politica italiana non vuole occuparsi (come invece dovrebbe) di ripensare la politica industriale del Paese (come sta facendo ad esempio Obama), mettendo al centro dell'agenda non il ponte di Messina o la TAV in Val di Susa, ma investimenti in ricerca, innovazione e "reti", almeno dovrebbe preoccuparsi di ridisegnare il sistema impositivo.
    Invece di escogitare condoni fiscali a ripetizione, che rendono il 5% dell'imponibile evaso (una specie di mancia), la mente geniale del ministro Tremonti dovrebbe applicarsi, ccome suggeriscono Provasoli e Tabellini, ad incrociare le informazioni su redditi e patrimoni degli italiani, al fine di operare una stretta sul fenomeno dell'evasione. Con una base impositiva più ampia si potrebbero abbassare le aliquote e introdurre finalmente il "quoziente familiare", liberando risorse per dare respiro a famiglie e imprese e fare investimenti.

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