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giovedì 29 aprile 2010

"OBBEDIENTI IN PIEDI"

"Obbedienti in piedi": questa citazione di Vittorio Bachelet ci indica il giusto modo in cui il credente deve porsi nei confronti della Chiesa, soprattutto se impegnato in politica.
In questi ultimi anni, si direbbe quasi che nella politica è di moda essere cattolici: è di moda sbandierare i valori del cristianesimo; è di moda rincorrere la posizioni dei vescovi o addirittura del Papa, facendole proprie; è di moda corteggiare la Chiesa mettendola dalla propria parte.
E' un'obbedienza strisciante, quella di molti politici cattolici, un'obbedienza che non parte da una convinzione ma da un interesse.
E spesso alla Chiesa fa comodo: purtroppo anche lei molte volte ha rinunciato ad alzare la sua voce per quel piatto di lenticchie rappresentato da quattro soldi per le scuole private.
Ma la vera obbedienza che dovrebbe pretendere la Chiesa e che i credenti dovrebbero assicurare è quell' obbedienza in piedi di cui parlava Bachelet. Che significa, in pratica, vivere gli insegnamenti della Chiesa ma ragionando su di essi, declinandoli nella realtà in cui si vive in modo da garantire in ogni situazione il bene migliore, anzi il bene comune.
Ma oggi i cattolici sono in grado di vivere questa obbedienza in piedi?
Io come credente, non mi sento certo rappresentata da partiti come l'UDC, che vivono la politica in modo confessionale, nè tanto meno dalla Lega, così attenta a proporre e difendere le tradizioni del Cristianesimo, nè da Berlusconi, che non perde occasioni per mostrare la sua "cattolicità".
E i cattolici del PD dove sono finiti? Sono stati divorati dai comunisti che hanno preso il sopravvento? In verità, non c'è stata nessuna invasione....semplicemente tanti di noi si sono ritirati, stanchi di una politica che partorisce solo conflitti, povera di idee e di progetti sigificativi. Qui, lasciando da parte la parola obbediente, bisognerebbe dire: "Cattolici del PD, in piedi!". Ma non per rivendicare, come spesso si fa, vecchie appartenenze, ma per dare un coraggioso contributo a questo PD, che di coraggio non ne ha.

3 commenti:

  1. Sono uno dei tanti cattolici che si sono ritirati dal PD e mi sento quindi chiamato in causa dal post di Maria Angela.
    Me ne sono andato per due motivi:
    1) non capivo quale fosse l'identità del PD, cioè quale idea di Italia e di società avesse in mente;
    2) non sopportavo l'autoreferenzialità della sua classe dirigente, più attenta a salvaguardare posti di potere che a sviluppare appunto un'identità chiara.

    Oggi, dopo quasi due anni, l'andazzo non è certo migliorato: autorevoli dirigenti del partito ammettono che chi vota PD non sa per cosa vota.
    Già.
    Se il voto al PD non è un voto ad un'idea di Paese e di società, cos'è ? Quello che è diventato in questi 3 anni: il voto di appartenenza di chi proviene dalla storia politica della sinistra italiana.

    Naturale: se un partito nuovo non declina in nessuna direzione la sua novità, è ovvio che finisca per assumere i tratti salienti del partito di provenienza.
    Non a caso, mentre l'Ulivo riscuoteva il consenso di un terzo degli italiani e, alla sua sinistra, un insieme di forze (tra cui Rifondazione e Verdi) assommava un altro 10%, oggi a sinistra del PD c'è il deserto: spariti sia i Verdi, sia Rifondazione.
    Chi votava partiti a sinistra dell'Ulivo, ora vota PD. Ma nonostante questo il PD prende meno voti dell'Ulivo: segno di una emorragia di voti "moderati".
    Questo è il punto: il PD non è attrattivo per gli elettori "moderati", i quali o votano altrove o non votano: in ogni caso non pensano che il PD da solo possa essere una alternativa alla destra populista di Berlusconi e Bossi.
    Non ho difficoltà ad ammettere di essere tra questi.
    E chiedo ai (pochi) cattolici rimasti nel PD di interrogarsi su questo fallimento, superando quello che ormai è un assioma quasi "dogmatico", cioè che i cattolici democratici debbano stare nel PD.
    Sarebbe piuttosto il caso di intraprendere strade nuove.
    Scrive Padre Sorge su Aggiornamenti Sociali dello scorso marzo: "Questa prospettiva (Sorge parla del PD) è in crisi evidente … torna alla ribalta l’urgenza di una rifondazione della presenza politica dei cattolici … nel quadro politico italiano si è liberato uno spazio intermedio tra la destra e la sinistra … solo un nuovo soggetto politico di ispirazione popolare, insieme con le altre forze riformiste, sarebbe in grado di recuperare la massa degli indecisi e degli assenteisti, e di dare vita a una rinnovata e diversa strategia di centro-sinistra”.
    Lo stesso Sorge che un paio d’anni fa a Saronno ci parlava del PD, ora prende atto della sua crisi e sprona a ricercare altre soluzioni.
    Questo è il vero atto di coraggio che dovrebbero mostrare i cattolici del PD: seguire l'invito di Padre Sorge.

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  2. Io penso che questo non sia il momento per fondare nuovi partiti. Tutte le difficoltà del Partito Democratico sono infatti sorte da una nascita prematura: i processi di fusione sono stati troppo accelerati da varie esigenze, mentre andava fatto un lavoro di confronto, di coesione, di dialogo che però è stato rimandato al dopo. Ma questo dopo non è ancora arrivato, a tre anni di distanza, e così siamo alle prese con un PD senza indentità. Senza nulla togliere ad un uomo così intelligente come P.Sorge, io credo però che i problemi della politica italiana non si risolvono costruendo partiti nuovi, bensì attraverso un serio e approfondito percorso di idee, finalizzato a definire il modello di società che abbiamo in mente. Il partito verrà poi. Ma i partiti non devono sorgere sulla base delle appartenenze (fosse anche il mondo cattolico-moderato), ma sulla base delle idee. E queste ora mancano...

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  3. Io ho lasciato il Pd e con esso il centrosinistra per ragioni di convinzioni politiche. Conosco il Pd per due ragioni: perchè ho contribuito a fondarlo a Saronno, perchè per circa un anno ne ho fatto parte come membro del coordinamento cittadino. La distanza politica emersa tra le mie convinzioni e quelle che determinano l'azione del Pd è diventata tale da convincermi che quello non è il mio partito. Al di la del caso specifico, credo comunque che troppo frettolosamente si sia archiviata la stagione delle identità politiche. Personalmente non credo alla fine delle ideologie, ma al fallimento di alcune di queste. Comunismo, socialdemocrazia, socialismo reale: queste ideologie hanno esaurito il loro compito storico. Ma liberalismo, cattolicesimo (nelle sue molteplici articolazioni quali liberale, democrtico, popolare, ecc...) sono tutt'ora validi. Con troppa semplicità si dice che il crollo del Muro ha fatto venire meno tutte le ideologie. Sbagliato: ha fatto venire meno l'ideologia comunista e quindi la necessità dello scontro ideologico destra - sinistra. Ma le differene restano. Quanto al Pd... credo non possa trovare identità semplicemente perchè manca il substrato culturale, proprio perchè il suo pensiero di riferimento e crollato sotto il Muro. E i cattolici? Io lo vado dicendo da più di un anno: finchè non avranno un partito che dichiaratamente ne rappresenti le istanze socio - culturali potranno solo accodarsi ad altri e con questi tentare difficili mediazioni politiche.

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