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domenica 18 aprile 2010

BILANCIO PUBBLICO E RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO
Con riferimento alle mie riflessioni sul Patto di Stabilità, Pietro sottolinea due aspetti: A) il dilemma tra tagliare le spese pubbliche o contrarre nuovi debiti. B) la devoluzione al privato del “ centro di interessi economico sociali”, mediante trasferimento “non regolato” di componenti della spesa pubblica, dal pubblico al privato.
I) Alternativa tra contrarre le spese o aumentare i debiti. La risposta dovrebbe essere: puntare sempre ad un equilibrio di bilancio, che consiste nell’avere, tendenzialmente, il C/Economico in pareggio e Debiti per ammontare compatibile con le entrate proprie. Questi criteri non sono nuovi né sconosciuti agli amministratori attuali. Esistono già le regole che vincolano gli Enti locali a debiti che non siano superiori a determinati limiti(15% entrate correnti) e anche pressioni per scongiurare deficit correnti a ripetizione ( patto di stabilità). Il problema è che da un lato si mettono le mani avanti dicendo che i guai amministrativi sono eredità di altri e quindi si chiede di essere esentati dai prezzi del riaggiustamento. Dall’altro è innegabile una tendenza generalizzata ad aggirare le regole: molti pseudo “ Avanzi di Amministrazione gestionali” sono il risultato di manipolazioni delle regole contabili, fatte per aggirare i vincoli imposti. In questo caso è il controllo che difetta e le sanzioni sono grida manzoniane in un Paese governato da Politici che spendono molta energia a combattere regole e istituzioni che devono farle applicare. Come si devono interpretare i giudizi “generici” sulla esosità del fisco, espressi non al bar ma nei palazzi istituzionali? E le sparate contro la magistratura? E i condoni a ripetizione? Il primo e più urgente lavoro da fare, allora, è ripristinare il senso della “ legalità”. Ogni legge può e deve essere discussa nelle sedi appropriate, anche per stimolarne il cambiamento, ma va sempre rispettata, sia per quanto dispone che per i modi con cui è lecito discuterne. I grandi paesi del capitalismo ( USA e Inghilterra), in queste cose, sono ineccepibili. Questo dovrebbe valere anche per il PD.

II) Trasferimento ai privati di spese per servizi pubblici: “privatizzazioni” estranee alla logica del “mercato”. Il tema, per come lo si osserva da noi, va riformulato nei seguenti termini: avendo l’obiettivo di “ privatizzare” determinati servizi sociali per sottrarli ad ogni regola “pubblica”, la via che si segue è “ marginalizzare” il pubblico per rendere inevitabile il privato. Per esemplificare si può fare il caso della sanità. In Lombardia si ha la percezione che gli Ospedali pubblici sono “trascurati” a vantaggio delle Cliniche “accreditate”. Uno dei migliori esperti del settore, Francesco Longo, spiega che la sanità insieme ai servizi sociali, pesa per il 12,5% del PIL. In assoluto è il settore più importante dell’economia. Su 140 miliardi di euro di spesa complessiva, la parte pubblica pesa 105 miliardi ed ha un deficit modesto del 3-4% concentrato per l’80% tra Lazio, Sicilia e Campania. La sanità è una delle principali leve di sviluppo, produce occupazione, lavoro qualificato non delocalizzabile, ricerca. Insomma non ci sarebbe motivo per non vedere il Servizio Sanitario Nazionale come istituzione altamente positiva. Da noi invece se ne parla come un peso per l’economia manifatturiera. Perché? Ci sono diverse ragioni. Ne accenno alcune. Primo: i privati nel mercato sanitario. Il mercato sanitario italiano è il terzo d’Europa: il privato con 9 specialità spiega il 70-80% del fatturato, il pubblico con le stesse specialità spiega il 30%. E’ vantaggioso per il privato avere un mercato redditizio, con committenza “pubblica” assicurata e senza obbligo di funzioni “assistenziali”. Secondo: le grandi Istituzioni non pubbliche nel mercato sanitario. La Conferenza Episcopale Cattolica americana e i Sindacati di settore si sono dichiarati contrari alla riforma sanitaria varata dal Presidente Obama. La motivazione di sostanza è il conflitto di interesse : la Chiesa cattolica è uno dei più grandi imprenditori privati del settore ed è l’Istituzione che riserva a sé l’intervento assistenziale per i cittadini che non sono assicurati, i poveri. Anche da noi la Gerarchia vedrebbe bene una sua legittimazione, attraverso la Caritas, quale “intervento caritativo di ultima istanza” ( F.L.). Quanto ai Sindacati USA hanno lavoratori assicurati; i non iscritti al sindacato non sono assicurati. Obama pensa, invece, che tutti debbano essere cittadini a pieni diritti, compreso il diritto alla cura sanitaria, che da noi è garantita dal Servizio sanitario nazionale. Questo dovrebbe essere un punto “non negoziabile della politica del PD”.
Su come si dovrebbe governare il rapporto pubblico-privato “senza degradare in vecchi antagonismi pubblico – privato” ( Pietro), proverò a dare qualche indicazione più avanti.
Mario Santo 18/04/2010

1 commento:

  1. Riprendo l'ultima domanda :"Come governare il rapporto pubblico-privato senza degradare in vecchi antagonismi?". Mi riferisco al mondo della sanità. Io credo che attualmente il rapporto tra pubblico e privato non sia affatto governato, almeno in Lombardia. Parto dal dato che segnalava Longo e che ha anche ripreso Mario: il privato con 9 specialità mediche spiega il 70-80% del fatturato. Il pubblico con le stesse 9 specialità spiega il 30%. Longo, a tal proposito, sottolineava il fatto che il privato attrae pazienti più sani, mediamente più colti, invece il pubblico serve prevalentemente il locale (vecchietto polipatologico di quartiere). In verità, il vecchietto polipatologico di quartiere, così come i pazienti particolarmente complessi, non sono malati particolarmente attrattivi per le strutture private in quanto fonte di debiti per i reparti: si tratta insomma di malati non convenienti, perché spesso insorgono complicanze che allungano i tempi di degenza, le dimissioni sono sempre ritardate e difficoltose…Questo fenomeno, però, andrebbe governato, nel senso che anche le strutture private devono nascere e diffondersi per rispondere ai bisogni del territorio e non solo per aumentare i propri guadagni. In Provincia di Varese ci sono poche strutture di riabilitazione geriatria perché al privato convengono poco? Bene, la Regione deve stabilire criteri perché il sistema privato copra anche questo genere di bisogni. Altrimenti è troppo facile curare solo la gente pressoché sana: certo che alla fine i bilanci quadrano nel privato mentre sforano nel pubblico! O forse tutto questo sistema in Lombardia è stato progettato apposta dal Governo Formigoni per fare apparire il privato virtuoso e il pubblico sprecone?

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