Il liberismo disumano
Il post dell'Amico Mario Santo mi sollecita una ulteriore riflessione, che muove dalle sue riflessioni e si congiunge a quelle riportate nel post "Gli intrecci tra politica e economia". Mario riprende il tema del nuovo modello di sviluppo e lo declina in termini di nuovo paradigma di democrazia, necessitato se non urgenziato dagli effetti drammatici che il modello liberista e individualista ha prodotto nel mondo, in particolare nel mondo del lavoro. Concordo pienamente sulla inadeguatezza del liberismo e dell'indvidualismo a generare virtuosi percorsi di sviluppo. Se libertà economica significa consentire a pochi ricchi finanzieri di condizionare, dai loro lussuosi uffici di New York con vista panoramica da ampie vetrate a piani alti a tre cifre, la vita di milioni di persone (lavoratori) ed altrettante famiglie, allora quella non è una libertà meritevole di tutela e anzi va opportunamente arginata, posta sotto tutela politica, ricondotta a più umani aspetti. Il liberismo (ma attenzione, anche certune accezioni di liberalismo a cui i nostrani progressisti non sono alieni ma anzi seguaci) ha al centro l'individuo come entità trascendente e superiore ad ogni altra creatura compresi i propri simili, non la persona umana guardata nella sua globalità e interezza e posta in relazione ad altre persone in un contesto di famiglia umana.
Sistema economico decentrato
Il modello economico nord americano è strutturalmente diverso da quello italiano ed europeo. In America un'azienda di 200 dipendenti è una bottega artigianale, meno di un reparto produttivo di una middle farm, molto meno di una strategic business unit. In Europa un'azienda di 200 dipendenti è una realtà industriale di piccole dimensioni, non rilevante nel contesto globale ma significativa nel quadro della governance locale. In Italia un'azienda di 200 dipendenti è una medio - grande impresa, che spesso sfama le famiglie di interi circondari, che compete con medio - grandi imprese globalizzate, che annovera tra i suoi clienti forti multinazionali. Nella differenza che assume la stessa entità economica nei diversi contesti geografici risiede tutta la diversità esistente tra il sistema italiano e quello statunitense, comprese anche le diversità tra i due modelli di sviluppo e di democrazia economica applicabile. In un tessuto industriale fatto di tante piccole imprese il potere decisionale è distribuito, non è concenrtato. Ci sono infatti tanti centri decisionali, ovvero il potere economico - decisionale è articolato e distirbuito nel territorio; non ci sono pochi manager che decidono per tanti lavoratori, ma tanti manager che ogni giorno prendono decisioni che riguardano complessivamente molti lavoratori, ma ognuno di essi ha dinnanzi a sè una platea di destinatari delle proprie politiche e strategie parziale e ridotta rispetto alla totalità dei lavoratori del sistema. In un sistema così articolato il rischio di abuso di potere economico e di distorsioni nell'utilizzo dello stesso è frazionato, in altri termini l'effetto o l'impatto di una decisione sbagliata se non addirittura contraria e lesiva dell'interesse generale è ridotto poichè circoscritto al perimetro entro il quale opera il manager che l'ha assunta. In Italia le piccole imprese assorbono più lavoratori delle grandi imprese, fino al punto da potere affermare che la crisi di una o più grandi imprese non coincide con la crisi del sistema economico. Le difficoltà di Fiat, i crack di Cirio e Parlamat non si sono tradotti in collassi di sistema. Il sistema economico italiano ha una pluralità di cuori pulsanti che gli consente di mantenersi vivo anche quando qualche grande arteria resta ostruita. Questo non accade negli Stati Uniti.
La coscenza sociale delle imprese
Concludo citando solamente un ultimo aspetto, non esaustivo della tematica ovviamente. La piccola dimensione spesso comporta un radicamento dell'impresa nel territorio, tangibile in termini di relazioni socio - economiche che l'imprenditore (spesso ex dipendente) e suoi collaboratori hanno con le istituzioni locali e la società nel suo complesso. I mercati del lavoro locali, ad esempio, sono spesso più ricchi e più virtuosi nella creazione di opportunità occupazionali e di percorsi di crescita professionale di quanto lo siano i mercati più professionalizzati o standardizzati (penso ad esempio al circuito della borsa del lavoro, che ancora non trova spazio nelle politiche di reclutamento delle aziende grandi e piccole). Le Agenzie per il Lavoro ad esempio operano attraverso una fitta rete di filiali locali e stabiliscono rapporti diretti a livello territoriale, anzichè pilotare i rapporti dal livello centrale.
Nei territori si originano reciproche attenzioni tra imprese e società locale che, se non distorte da comportamenti opportunistici e fraudolenti, danno luogo a percorsi di sviluppo. Il piccolo imprenditore in questi contesti affianca alla mentalità economica una coscenza sociale. Attenzione: non una responsabilità sociale intesa in modo formale e strutturato come le nuove politiche di CSR ad esempio stanno promuovendo, ma una sensibilità implicita nel proprio modo di ragionare, non sempre tangibile, anche perchè non messa in vetrina, comunque presente e concorrente, seppur come complemento e in modo spesso più incidentale che preordinato, nel processo decisionale dell'imprenditore soprattutto quando le decisioni hanno ricadute sociali.
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