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mercoledì 3 febbraio 2010

Fuori dal PD, fuori dal centrosinistra

Ho lasciato il Partito Democratico da più di un anno, a termine di una riflessione personale durata qualche mese e quindi in modo convinto e motivato, per tre ragioni toccate con mano e per esperienza diretta: il Pd è un partito strutturalmente composto da militanti e dirigenti quasi esclusivamente provenienti dal mondo della sinistra (progressista, post – sessantottina, post – comunista, ecc.) e per tale ragione oggettivamente impedito nell’allargamento della propria base culturale di riferimento se non attraverso processi di annessione politica; il Pd è un partito votato quasi esclusivamente dall’elettorato di sinistra e per tale ragione principale se non unico interprete e referente della domanda di “politica di sinistra” che comunque esiste in questo Paese, seppur con una distribuzione geografica disomogenea e con numeri complessivi inferiori a quelli della maggioranza dell’elettorato; il Pd da quando è nato non ha mai dato segnali di volere mutare il proprio legittimo codice genetico di partito fatto da persone di sinistra che vuole e vogliono stare a sinistra, seppur in un contesto di centrosinistra (ma con una peso marginale e residuale della parte centrale), scegliendo alleati lontani anni luce dalla tradizione politica cattolica e popolare come i Radicali e l’IdV. Avevo scommesso sulla capacità del Pd e di tutti coloro provenienti dalla sinistra di sapere cambiare pelle e dare vita ad un partito centrale nella storia politica e nella società italiana, ho preso atto che così non è. Il Pd è il partito della sinistra italiana del terzo millennio, per altro in modo legittimo e con tutto il diritto di esserlo. Semplicemente non è il mio partito, io non sono di sinsitra. Semplicemente sono giunto alla conclusione che l’idea di riunire il centrosinistra senza trattino tutto in un partito sia fallita. Per tale ragione credo che uscire dal Pd significhi anche uscire dal centrosinistra.

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