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domenica 29 agosto 2010

L'addio a Cossiga

Ad agosto è scomparso il Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga.
Un'uscita di scena in punta di piedi dopo una vita di politico e uomo di Stato vissuta al centro dell'attenzione: esequie private, quali ebbe anche il punto di riferimento di Cossiga, Aldo Moro, il cui tragico destino ha segnato il percorso umano e politico di Cossiga, come di tutta la politica italiana.
Unico momento nel quale poter rendere omaggio allo scomparso ex Presidente della Repubblica la camera ardente presso il Policlinico Gemelli.
A portare l'ultimo saluto a Cossiga si sono recati i Presidenti emeriti Ciampi e Scalfaro, il Presidente della Repubblica, Napolitano, il premier Berlusconi, i Presidenti di Senato e Camera, Schifani e Fini, ministri, autorità civili, militari e religiose e dirigenti politici di tutti i partiti presenti in Parlamento.
Tutti, tranne uno: il Partito Democratico. Nessun dirigente del PD ha avuto tempo e voglia di recarsi a rendere omaggio alla salma dell'ex Presidente Cossiga.
Almeno in questo il PD è coerente: assente per i vivi, assente per i morti.
Semplicemente non pervenuto.

1 commento:

  1. Uomo controverso il presidente emerito Francesco Cossiga; uomo enigmatico. Sicuramente uomo di Stato e forse anche politico di razza. Ma anche uomo le cui scelte mi hanno lasciato più volte perplesso.

    Come perplesso mi hanno lasciato una parte non piccola degli elogi bipartisan cha ha ricevuto dai molti che hanno visitato la camera ardende del Gemelli. Tra questi, peraltro, non pochi esponenti del PD: Arturo Parisi, Franco Marini, Vannino Chiti, Enzo Carra a solo titolo di esempio.
    PD che non ha mancato di ricordarlo con le parole dei suoi dirigenti. «È stato un grande protagonista della vita democratica del nostro paese - ha affermato Massimo D’Alema - Con lui abbiamo avuto momenti di incontro così come di aspro conflitto, vissuti sempre con rispetto reciproco e lealtà. In questi ultimi anni ci ha unito un’intensa amicizia, della quale gli resterò grato». «Una notizia molto triste» per il segretario del Pd Bersani, «se ne va una persona singolare e straordinaria e una parte della nostra storia», mentre a Anna Finocchiaro, capogruppo dei democratici al Senato, «mancheranno i suoi pensieri attenti, ricercati, a volte volutamente provocatori, ma sempre di grande lucidità politica e permeati dal profondo senso dello Stato».

    Come accennavo, personalmente mi iscrivo tra coloro che pur riconoscendo in Cossiga indubbie doti di politico e statista, ne tracciano un giudizio critico. Provo a sintetizzarne qualche ragione. 1)Il suo dirsi cattolico che pure lo ha portato ad attaccare più volte e duramente, uomini di Chiesa del calibro di Martini e Tettamanzi; 2)La sua presidenza caratterizzata da cinque anni incolori e due decisamente sopra le righe; 3)L'elogio della real-politik che lo spingeva a suggerire brutali repressioni nei confronti dei manifestanti, in palese contrasto con l'etica di un politico che si richiama ai valori del cattolicesimo; 4)Il suo votare la fiducia sia al governo Prodi che a quello Berlusconi motivando la scelta con il dichiararsi un cane sciolto dopo la fine della DC; 5)La cattiveria, la perfidia perfino, con la quale insultava coloro che, di volta in volta, riteneva di classificare tra i suoi nemici.

    Insomma, per un Cossiga che in gioventù riconosceva Dossetti come suo più grande maestro, un percorso sicuramente misterioso. Forse il più grande dei misteri di cui lo si ritiene depositario.
    Almeno fino a quando le lodi bipartisan non cederanno il passo a una più genuina riflessione sul percorso politico di Francesco Cossiga.
    Il primo a rallegrarsene sarà proprio lui.

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