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lunedì 6 settembre 2010

Strade nuove

L’estate della politica si è chiusa ieri con il discorso di Fini a Mirabello.
Un’estate politica caotica e, per certi versi, squallida, al termine della quale ritroviamo tre elementi certi:
1) L’implosione del PDL che, come affermato da Fini, “non c’è più”: il fallimento del progetto del teorizzato partito liberale di massa, dietro il quale si cela in realtà una visione padronale del partito e delle istituzioni, entrambi visti come strumenti da asservire all’interesse personale del capo;
2) La perdurante afasia del PD, intento ad occuparsi non dei problemi degli italiani, ma del “se e come fare le primarie”, con le immancabili bordate che dal territorio (vedi Chiamparino e Renzi) arrivano sulla dirigenza nazionale, e, sullo sfondo, il perpetuarsi della ventennale contrapposizione D’Alema – Veltroni;
3) La convergenza tra Fini, Casini e Rutelli su alcuni temi concreti dell’agenda politica, dalla riforma della legge elettorale al quoziente familiare, nel quadro di una ritrovata “etica del dovere”, scomparsa dal lessico del bipolarismo italiano e finalmente rievocata, si spera non solo ad uso giornalistico, da Casini e Fini nei loro recenti interventi pubblici.
Ed è interessante notare come proprio Fini e Rutelli, cofondatori del PDL e del PD, ne abbiano certificato la fine. Probabilmente persuasi che non di “fusioni tra uguali” si è trattato, bensì della fagocitazione del più piccolo ad opera del più grande. E così se il PDL è diventato una Forza Italia allargata, un partito padronale, nel quale uno decide (il più delle volte pro domo sua) e gli altri obbediscono, senza luoghi di discussione, il PD si è appalesato come la prosecuzione della storia politica del PCI-PDS-DS, con gli stessi stilemi, dalle adunate di piazza quali momenti fondativi della propria soggettività politica, al collateralismo con la CGIL, dal centralismo democratico (che in provincia di Varese abbiamo purtroppo sperimentato di persona) ad un certo giustizialismo a senso unico.
Il partito azienda contrapposto alla riproposizione della presenza politica della sinistra italiana. Questo è il bipolarismo italiano: altro che nuovo modo di fare politica !
Un’offerta politica che ha prodotto distanza e disillusione in tanti elettori, che, infatti, preferiscono non votare.
Fini e Rutelli hanno certificato la fine del PDL e del PD; si apre ora una fase nuova.
L’auspicio di chi ha da tempo smesso di credere in questo bipolarismo è che da questi fallimenti incrociati possa nascere qualcosa di positivo, un rinnovato impegno, le famose "strade nuove" da tempo evocate da Padre Sorge, una nuova soggettività politica, che si possa inserire a pieno titolo nel solco del popolarismo italiano. E mi piace richiamare la chiusura dell’appello ai “liberi e forti” di Don Sturzo:
“A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell'amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degl'interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito Popolare Italiano facciamo appello e domandiamo l'adesione al nostro Programma.”
Siamo pronti all’impegno, con passione e dedizione; pronti, ma, come tutti quelli che vivono l’impegno politico come ricerca del bene comune e non dell’interesse personale, saremo vigili di fronte a tentazioni di trasformismo, derive plebiscitarie e, soprattutto qui al Nord, cedimenti alla “cultura dell’egoismo”, incarnata dalla Lega, con la quale, è bene dirlo subito, non si deve scendere a compromessi.

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